Customer Journey Map: di cosa si tratta e come si crea

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E se fosse possibile tracciare una mappa di tutte le interazioni che segnano il viaggio di un cliente attraverso tutti i servizi offerti, in un dato arco di tempo? Questo consentirebbe di avere una visione chiara e completa delle preferenze d’acquisto dei clienti e del tragitto che compiono prima di finalizzare un acquisto. Quanto appena descritto esiste, e viene definito customer journey map.

Customer Journey Map: definizione

Realizzare una customer journey map significa per un’azienda, o attività, mappare l’intero percorso del consumatore quando effettua un acquisto, divenendo ufficialmente cliente.

Ogni consumatore, infatti, si relaziona con un marchio, un prodotto o con un servizio, compiendo un viaggio che diviene noto come customer journey. Questo percorso è caratterizzato da un insieme di punti di contatto tra l’acquirente e il brand. Tali punti sono difatti i momenti di interazione diretta con il proprio pubblico.

Pertanto, disegnare la customer joruney map è il primo passo per scoprire quale sia il cliente tipo di un’azienda, i canali che utilizza e i punti di contatto che si creano.

Conoscere il proprio cliente consente di identificarne i bisogni e i mezzi che utilizza per soddisfarli. Comprendere ciò che spinge verso l’acquisto è il primo step per una chiara interpretazione delle esigenze.

Il monitoraggio del customer journey svolge un ruolo centrale all’interno delle strategie di marketing delle imprese moderne.

I touchpoint del customer journey

Le varie tappe, online e offline, che il consumatore attraversa durante il suo viaggio d’acquisto sono note come touchpoint.

I touchpoint sono cinque e sono così classificati:

  • Consapevolezza o Awareness: il cliente scopre un prodotto e/o marchio attraverso diversi possibili canali (fisici, digitali, gestiti dalle imprese o gestiti da terzi);
  • Considerazione o Consideration: il cliente confronta diversi prodotti offerti sul mercato alla ricerca della soluzione migliore per il suo bisogno tramite recensioni e opinioni;
  • Intenzione o Intention: il cliente inizia a maturare l’intenzione all’acquisto di un prodotto rispetto a un altro, una marca rispetto a un’altra;
  • Decisione o Decision: il cliente fa la sua scelta non solo sull’eventualità di effettuare o meno l’acquisto, ma anche su quale prodotto/servizio faccia al caso suo.
  • Fidelizzazione o Loyalty: il cliente è soddisfatto del prodotto e/o servizio acquistato da una particolare impresa e desidera reiterare l’acquisto.

Nel caso in cui, infatti, un prodotto soddisfa le aspettative del cliente, egli diventa fedele al marchio e prolunga la relazione cliente-impresa, tornando così a usufruire dei servizi anche in futuro.

I touchpoint imprescindibili sono dunque: trasformare l’intenzione in acquisto e l’acquisto in fidelizzazione.

Come creare una mappa del consumatore

Compresa l’importanza di una customer journey map, è ora di capire come realizzarne una. È bene chiarire che non esiste un’unica modalità di sviluppo di una mappa del consumatore.

In generale, tuttavia, qualunque mappa si compone di quattro elementi fondamentali:

  • buyer personas;
  • una linea temporale;
  • l’esperienza degli utenti o customer experience;
  • i touchpoint.

A prescindere dal metodo utilizzato, una corretta customer journey racconta la storia, il percorso degli utenti.

Per dar vita a una mappa, infatti, si tiene conto di alcune fasi imprescindibili. Prima tra tutte la definizione degli obiettivi. Si tratta di un passaggio che permette di decidere gli obiettivi, i prodotti interessati e la storia. Successivamente si identifica il cliente-tipo e, di conseguenza, si tracciano le informazioni sulla customer experience.

Tracciate queste linee guida si può procedere verso il disegno della mappa considerando i touchpoint online e offline.

Adesso la mappa può essere utilizzata come guida per tutte le future strategie di marketing.

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Digital Advertising: la pubblicità online

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Il digital advertising rappresenta una componente quantomai importante nel media mix di un’impresa. Dai banneri al search, sino ai meccanismi d’asta del programmatic, sono tutti esempi della pubblicità su internet.

Caratteristiche del digital advertising

Il digital advertising corrisponde al valore della raccolta pubblicitaria effettuata sulla Rete. Si tratta di pubblicità all’interno di siti web e applicazioni mobile, fruibili da qualsiasi dispositivo che disponga di una connessione Internet.

Il digital advertising, noto anche come pubblicità sui canali digitali, ha, da tempo, assunto un ruolo chiave nell’ambito delle strategie di Digital Marketing. In opposizione rispetto ad altri formati di adv, il digital advertising ha delle caratteristiche particolari. Difatti, questo genere di pubblicità instaura tra gli attori in campo diverse relazioni.

Sono usati spesso come sinonimi di Digital Advertising anche Internet Advertising, Online Advertising, o Web Advertising.

Come fare digital advertising

Assodata l’importanza dell’advertising online è possibile classificare differenti tipologie di adv online. Queste dipendono dal canale che veicola il messaggio, difatti, si suddividono in:

  • display advertising;
  • native advertising;
  • search advertising;
  • email advertising;
  • classified advertising.

I benefici della pubblicità online

La pubblicità online offre numerosi benefici rispetto a quella tradizionale. Nello specifico si parla di una comunicazione personalizzata, sulla base delle analisi delle preferenze di acquisto e del comportamento. Vi è un guadagno economico, poiché la pubblicità viene pagata solo nel caso in cui l’utente effettua un’azione. Può essere anche monitorata e, indubbiamente, offre maggiore visibilità.

In definitiva, a differenza di quella tradizionale, lenta, costosa e poco efficace, la pubblicità online è meno costosa, molto più efficiente, precisa e misurabile.

Quanto investire nell’online advertising?

Appara chiaro che non risulta possibile dare una risposta univoca a questa domanda. Quando viene definita una campagna, l’inserzionista determina un budget e, contestualmente, il valore della puntata massima.

Esattamente come per il search advertising c’è la possibilità di un pagamento Cost-per-Click massimo (CPC). Questo sopraggiunge quando l’obiettivo della campagna è quello di indirizzare gli utenti al proprio sito tramite un link. Lo scopo sarà, quindi, quello di far ottenere più click possibili e l’inserzionista pagherà per ogni click ottenuto.

Infine, si può ottimizzare la campagna rispetto a una specifica CTA, un download, un acquisto on line, un form da compilare. In questi casi, la metrica chiave è il costo medio per far sì che un cliente realizzi la specifica attività. Questa “misura” è detta CPA o Cost-per-Activity.

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Marketing esperienziale: quando il consumatore è il protagonista

marketing esperienziale

Il marketing esperienziale è la migliore forma di customer experience possibile. Fa, infatti, leva sulla sfera emotiva del consumatore, che crea un legame personale e duraturo con il brand stesso.

L’esperienza che si va a costruire dev’essere coinvolgente, rilevante ed estremamente personalizzata. Questa, difatti, promuove tanto il prodotto quanto uno stile di vita ad esso connesso.

Vediamo nel dettaglio le caratteristiche del marketing esperienziale e scopriamone i vantaggi.

Marketing esperienziale: di cosa si tratta

Quando si parla di experiential marketing si fa riferimento a una tecnica di marketing che consente di ingaggiare direttamente il proprio target, invitandolo a vivere in prima persona delle esperienze positive che lo portano a conoscere il brand. Cambia, dunque, il punto di vista del cliente, che non è più un mero spettatore, ma si pone come protagonista dell’esperienza.

In questo caso, dunque, un’esperienza vale molto di più di uno spot pubblicitario. Il marketing esperienziale, infatti, offre l’opportunità di incuriosire e coinvolgere il consumatore in modo diretto, facendo appello all’esperienza sensoriale e alla sfera emotiva.

Tramite spettacoli, giochi, eventi, invita a un’immersione nella realtà del prodotto o servizio offerto.

Come funziona l’experiential marketing

Il marketing esperienziale consente al consumatore di vivere, dunque, il brand. Difatti, il consumatore non è sempre guidato dalla razionalità nelle sue scelte d’acquisto ma anche, o soprattutto, da fattori emotivi. Spesso, infatti, è alla ricerca di esperienze d’acquisto o di consumo che siano coinvolgenti.

Questo singolare tipo di customer experience crea connessioni personali tra brand e cliente e potenzia l’engagement grazie alla personalizzazione dell’offerta e alle reazioni stimolate sul piano emozionale.

L’impatto si mostra più incisivo della comunicazione pubblicitaria.

In cosa consiste il marketing esperienziale

Quando si parla di marketing dell’esperienza si fa fatica a concentrarsi sulla tecnica di esecuzione.

Se si desidera che l’utente percepisca il valore di un prodotto senza perdersi nei meandri della scheda tecnica è preferibile farlo tramite un’esperienza reale. Lstrategia del marketing esperienziale si basa sulla capacità di spostare il focus dell’attenzione dalla tecnica all’emozione.

Questo snodo si presenta in modi differenti: le tecniche di marketing esperienziale si definiscono attraverso campagne di ADV con un copywriting particolare, festival ed eventi dal vivo, social media marketing, digital PR, partnership, influencer marketing e altro ancora.

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Sentiment Analysis: l’analisi dei sentimenti degli utenti

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La Sentiment Analysis è un’analisi che traccia le interazioni tra utenti, in un determinato spazio e tempo. Nello specifico è un’analisi computazionale di sentimenti e opinioni espressi nei testi generati in Rete su un prodotto, servizio, etc.

Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Sentiment Analysis: di cosa si tratta

Con l’avanzata tecnologica e la diffusione dei social media, tutti gli utenti hanno cominciato a rilasciare commenti, opinioni e giudizi in Rete. Ciò ha comportato la costituzione di una mole di dati da analizzare da parte delle istituzioni, personaggi politici e brand.

La possibilità di conoscere l’acquirente o il potenziale cliente, consente di studiarne le abitudini di consumo, le preferenze e le idee. Queste sono azioni fondamentali nelle fasi di pianificazione delle operazioni di marketing di un’azienda. Quanto appena descritto viene definito sentiment analysis.

Più nello specifico, considerando la social network analysis, ossia dallo studio delle reti sociali da un punto di vista formale e contenutistico, nasce la sentiment analysis.

Questo studio è l’analisi computazionale di sentimenti e opinioni espressi nei testi, post, commenti, generati in Rete su un prodotto, un servizio, un’organizzazione, etc.

Coloro che rilasciano queste opinioni sono detti portatori di opinione, o anche noti come opinion holder o opinion source. L’opinione espressa ha un orientamento positivo, negativo o neutro. L’orientamento dell’opinione è definito anche sentiment orientation, polarity of opinion o semantic orientation.

Campi d’azione

I campi d’azione della sentiment analysis ricadono, indubbiamente sulle piattaforme che consento di estrarre informazioni utili per le aziende. Tra tutte, i social media vengono utilizza per compiere previsioni sul presente (nowcasting) e sul futuro (forecasting). Ciò rende importante la possibilità di avvalersi della sentiment analysis poiché è possibile analizzare le opinioni in tempo reale.

I settori in cui è possibile utilizzarla sono molteplici: dalla politica ai mercati azionari, dal marketing alla comunicazione, dall’ambito sportivo a quello delle scienze mediche e naturali. Ma non solo: è possibile misurare anche le preferenze del consumatore/spettatore in relazione a programmi televisivi, film e spettacoli di vario genere.

L’utilità della sentiment analysis per l’azienda

Ad oggi, grazie alle analisi dei sentimenti le aziende hanno la possibilità di avere molte più informazioni correlate alla percezione degli utenti. La sentiment analysis permette parallelamente di profilare gli utenti e comprendere le loro principali caratteristiche demografiche. Difatti questa viene definita un’attività meno macchinosa e dispendiosa delle vecchie indagini di mercato.

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Native advertising: cos’è la native ads

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Col termine Native Advertising vengono identificati i formati pubblicitari che hanno le sembianze dei contenuti originali, personali o editoriali, delle piattaforme che li ospitano.

I native ads sono dunque contenuti che si integrano perfettamente nella fruizione di un contenuto.

All’interno dei feed dei social network compaiono messaggi pubblicitari di tipo native, il cui formato è in linea con quello dei contenuti dei social. Questi paiono distinguibili solo da un diclaimer come “contenuto sponsorizzato” o “sponsored”.

I web magazine e i siti web mettono a disposizione dei widget integrati perfettamente al layout della pagina.

Native advertising: definizione

Il native advertising, come detto, è una branca del digital marketing che definisce formati pubblicitari che si mescolano con i contenuti dei publisher assumendone le sembianze. Questi ads si confondono con i contenuti organici, ciò consente di mantenere invariata la user experience del sito.

Il fine è attirare l’attenzione degli utenti e stimolarne engagement grazie a un formato ottimizzato per il canale. Si stima che il lettore sia in grado di dare maggiore attenzione a questi contenuti rispetto a quelli tradizionali.

Caratteristiche delle native advertising

L’Osservatorio del Politecnico di Milano distingue due elementi fondamentali alla base del native advertising:

  • la coerenza con il contesto visivo (la “ forma”) del contenuto editoriale: gli annunci devono essere percepiti dall’utente come un contenuto naturale, ma deve essere chiaro che si tratti di una pubblicità;
  • la rilevanza del contenuto pubblicitario: un elemento fondamentale risiede nella capacità di ingaggiare l’utente attraverso contenuti pubblicitari attrattivi e di qualità.

I formati native advertising più diffusi

La native advertising si suddivide in sei formati principali, si tratta di in-feed, paid search, reccomendation widget, promoted listing, in-Ad e custom. Eccoli nel dettaglio.

In-feed

Con in-feed unit si descrive una tipologia di native ads che comprende annunci nativi che sono collocati nel flusso dei contenuti editoriali e che hanno lo stesso aspetto del feed. Si tratta di Facebook Ads, annunci che appaiono nel newsfeed di Facebook con medesimo look e desing. A differire dal formato tradizionale, questi contengono un link che rimanda l’utente sul sito dell’inserzionista.

Paid Search

La paid search di Google è la prima e più diffusa modalità di pubblicità nativa. L’annuncio assume la forma identica degli altri risultati non sponsorizzati del motore di ricerca. A distinguerli la dicitura “annuncio”.

Recommendation widget

Si tratta di contenuti sponsorizzati promossi su publisher diversi tramite widget creati da piattaforme di content reccomendation, come Taboola o Outbrain. I widget propongono agli utenti contenuti personalizzati sulla base dei dati di comportamento e l’analisi del contesto editoriale in cui sono inseriti gli annunci.

Promoted listing

La quarta tipologia in analisi comprende i formati native concepiti per portali che mostrano liste di prodotti e servizi. I prodotti sponsorizzati inseriti nelle liste si presentano allo stesso identico modo degli altri prodotti o servizi.

In-ad con elementi native

Gli in-ad con elementi native sono annunci proposti nei formati standard IAB e pianificati secondo logiche contestuali. L’annuncio sponsorizzato propone contenuti coerenti rispetto alle tematiche trattate nel sito.

Custom

Come suggerisce il nome stesso, si tratta di un native personalizzato, frutto della collaborazione tra advertiser e publisher. Questa tipologia comprende esempi come playlist sponsorizzate, ossia le Sponsored Playlist di Spotify. Si tratta di annunci integrati nel design del sito.

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Vision aziendale: di cosa si tratta

vision aziendale

Col termine vision aziendale si identificano in ambito economico e aziendale tutte le proiezioni del contesto e dello scenario futuro in cui l’impresa opera. Una vision si ritiene efficace se si dimostra coerente con gli obiettivi di lungo periodo, come i valori aziendali e le aspirazioni.

Vision aziendale: definizione

La vision aziendale corrisponde, dunque, a una proiezione di come l’azienda apparirà nel futuro.

Questa serve per definire gli obiettivi di lungo periodo che l’azienda vuole raggiungere. Si basa su valori, aspirazioni e ideali del business che ha la volontà di raggiungere. Si tratta della guida alla base del progetto imprenditoriale, ossia l’ambizione, il sogno dell’impresa futura.

Affinché queste previsioni possano rivelarsi efficaci è importante che la vision sia definita, esplicita e condivisa.

Riassumendo, la vision aziendale deve avere alcuni aspetti e concetti fondamentali:

  • l’ambiente interno ed esterno in cui l’azienda opera;
  • gli obiettivi futuri realistici;
  • un arco temporale entro cui realizzare tali obiettivi;
  • i valori aziendali;
  • lo scenario futuro.

La condivisione degli aspetti della vision sono fondamentali per diffondere i valori aziendali, gli obiettivi del singolo e del gruppo. Questo affinché tutti i dipendenti dell’azienda si sentano parte integrante e fondamentale della comunità in cui lavorano.

Ciò non è sufficiente, però, affinché la vision aziendale risulti performante. La condivisione è fondamentale, ma è ugualmente necessario che questa sia realistica e concreta. Infatti, se manca la coerenza tra ciò che il manager dice e il suo relativo comportamento, questo minerà la credibilità della visione.

Come definire la visione aziendale

Considerati questi aspetti principalmente teorici, come viene effettivamente individuata la visione aziendale?

Anzitutto appare indispensabile rispondere a una serie di specifiche domande come:

  • Qual è l’ambito in cui l’azienda opera?
  • Qual è lo scopo dell’azienda?
  • Quale grande problema sta cercando di risolvere?
  • Quali sono gli obiettivi futuri realistici e come cambierà il mondo grazie a questa azienda?
  • Quali sono i valori dell’azienda?
  • Qual è lo scenario che vuole realizzare?

Tramite la definizione di questi concetti, si delinea uno statement, ossia un motto che guidi l’azienda verso l’auspicata crescita e vero gli obiettivi. Difatti, la vision in quanto immagine ideale dell’azienda dev’essere sì realista ed esplicita, ma anche lungimirante e ambiziosa.

Spesso si tende a sottovalutare il concetto di vision aziendale, ritenendolo superfluo o troppo astratto: in realtà la sua definizione è fondamentale per tenere sempre a mente lo scopo ultimo dell’azienda e il sogno ambizioso con cui si è partiti: molto spesso, infatti, nel concentrarsi sulla gestione delle attività quotidiane, si perdono facilmente di vista gli obiettivi a lungo termine e le azioni necessarie a proseguire sul cammino della crescita.

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Advergame: quando un videogioco veicola il messaggio di un brand

advergame

Un advergame, per definizione, è un gioco progettato con finalità di marketing o comunicazione. Tale videogioco viene sviluppato al fine di veicolare il messaggio di un brand. Si può trattare di pubblicizzazione di un nuovo servizio o di una nuova linea di prodotti. Viene, anche, utilizzato per comunicare un’operazione di rebranding.

Advergame: di cosa si tratta

Il termine advergame, acronimo tra le parole game (gioco) e advertising (pubblicità) consente agli advergame di rientrare nella più ampia categoria della gaming advertising. Con gaming advertising si definiscono le tecniche pubblicitarie che utilizzano le caratteristiche dei videogiochi come la logica della gamification e anche alcune dinamiche tipiche tra i gamer.

Per la natura ludica naturalmente spiccata, alcuni propongono di considerare gli advergame come una forma di advertainment – quindi una forma di pubblicità votata all’intrattenimento – o di intrattenimento di brand.

L’advergame è differente dall’advertising dentro i giochi è una forma di pubblicità come cartelli stradali o banner negli stadi di calcio presente nei videogame. Invece, gli advergame sono esplicitamente progettati per comunicare un prodotto, un messaggio o i valori del marchio. Non sono dei semplici cartelloni pubblicitari presenti in giochi progettati per l’intrattenimento di massa. Nelle sezioni qui sotto scoprirai che benefici possono portare al marketing aziendale e perché sono sempre più diffusi. 

La fama degli advergame

La nascita degli advergame è abbastanza recente. I primi, infatti, nascono intorno agli anni 2000 e si rivolgevano a un pubblico giovane e spesso minorenne.

I videogames, infatti, all’epoca erano un media poco democratizzato e poco diffuso. L’avvento degli smartphone e di internet cambia irrimediabilmente le cose.

Nel 2020, infatti, il 38% della popolazione italiana tra i 4 e i 64 anni ha giocato ai videogiochi. Il 43% dei giocatori è donna e il 55% ha più di 25 anni.

I primi Advergame nati prima degli anni 2000 erano rivolti ad un pubblico giovane e spesso minorenne. I videogiochi infatti erano un media non ancora democratizzato e diffuso a macchia d’olio nella popolazione. Con l’avvento degli smartphone e internet ad alta velocità lo scenario è cambiato completamente.

Nel 2020 il 38% della popolazione italiana tra i 4 e i 64 anni ha giocato ai videogiochi, il 43% dei giocatori è donna e il 55% ha più di 25 anni.

La diffusione crescente dei videogiochi nelle fasce di popolazione con maggiore potere d’acquisto ha cambiato gli Advergame e li ha resi molto più interessanti.

I benefici

Esistono molti obiettivi di marketing che possono spingere le aziende ad adottare gli advergame nella propria strategia di comunicazione. Fondamentali: il coinvolgimento e l’attenzione degli utenti.

Ci sono anche altri obiettivi diversi dal mero coinvolgimento che portano a sviluppare gli Advergame: 

  1. Creare un database di potenziali clienti;
  2. Raggiungere molti consumatori con contenuti virali;
  3. Associare il marchio a valori del gioco;
  4. Fidelizzare i clienti;
  5. Aumentare le vendite;
  6. Promuovere o lanciare prodotti o servizi;
  7. Fissare nella memoria una marca o un prodotto;
  8. Migliorare la customer experience;
  9. Profilare gli utenti e raccogliere dati.

Spesso gli advergame sono uno dei punti di contatto con cui i consumatori si interfacciano con i brand.

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Analisi SWOT: come fare pianificazione strategica

analisi swot

L’analisi SWOT è una tecnica che viene utilizzata per identificare i punti forti, le opportunità, i punti deboli e le minacce della tua azienda o di un progetto specifico. Tale analisi può essere utilizzato sia per scopi personali che professionali. La sua rappresentazione più nota è quella grafica, sotto forma di matrice.

Cos’è l’analisi SWOT

La maggior parte delle pianificazioni strategiche ha alla base un’analisi SWOT utilizzata come punto di partenza. Con l’acronimo SWOT (streghts, weakness, opportunities, threats) si fa riferimento alle variabili intrinseche ed estrinseche di cui ogni impresa tiene conto prima di dar vita a un progetto o di rivoluzionare la propria azienda.

Le quattro variabili presenti sono raffigurate tramite una matrice e rivelano gli elementi interni ed esterni all’organizzazione.

L’apporto in termini qualitativi di un’analisi SWOT è quello di fornire dei dati che mostrino le reali condizioni di un’azienda all’interno del contesto territoriale in cui opera. La sua applicazione non si limita a una fase preliminare, ma viene utilizzata tutte le volte che l’impresa necessita di informazioni d’insieme.

Leggi anche: Valutazione di un sito web: di cosa si tratta e perché è importante

Punti di forza

Volendo analizzare tutti i punti d’esame presenti in una SWOT è bene partire dai punti di forza dell’organizzazione. Ossia tutte le iniziative interne che danno buoni risultati. Questi vanno confrontati con altre iniziative, e vanno considerati come vantaggi competitivi esterni. L’analisi dei punti di forza aiuta a comprendere cosa sia vincente, così da applicare le strategie in tutti gli ambiti dell’organizzazione.

Punti di debolezza

I punti deboli nell’analisi SWOT si riferiscono a iniziative interne che non rendono quanto dovrebbero. È una buona idea analizzare i punti di forza prima di quelli di debolezza per tracciare una linea tra il successo e il fallimento. Identificare i punti deboli interni fornisce un punto di partenza per migliorare tali progetti.

Opportunità

Le opportunità nell’analisi SWOT sono il risultato dei tuoi attuali punti di forza e debolezza, insieme a qualsiasi iniziativa esterna che ti metterà in una posizione competitiva più forte. Potrebbe trattarsi di punti deboli che si vogliono migliorare o aree che non sono state identificate nelle prime due fasi dell’analisi. 

Minacce

Le minacce nell’analisi SWOT si riferiscono ad aree che potenzialmente potrebbero creare problemi. Sono influenze esterne e generalmente fuori dal controllo. Possono essere di tutto, da una pandemia globale a un cambiamento nel panorama competitivo.

Come fare un’analisi SWOT

Compresi i punti da analizzare per la realizzazione di un’analisi SWOT, adesso è opportuno comprendere come realizzare una SWOT analysis.

Esistono dei punti fondamentali da seguire, tra cui:

  • definizione dell’obiettivo da raggiungere;
  • definizione di abilità, risorse e vantaggi dei fattori interni;
  • definizioni di opportunità e minacce esterne;
  • inserimento dei dati all’interno delle matrice SWOT;
  • selezione delle possibili azioni da intraprendere.

Per attuare un’analisi SWOT è necessario osservare questi passaggi che prendono il via dalla definizione dell’obiettivo strategico che si intende raggiungere.

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Crosscanalità: definizione e caratteristiche

crosscanalita

Il termine crosscanalità viene utilizzato per far riferimento all’uso congiunto di punti di contatto, online e offline, che mirano all’interazione con i consumatori.

Crosscanalità: di cosa si tratta

Diversamente dalla strategie di marketing multicanale, l’approccio crosscanale, o crosschannel, fa riferimento all’utilizzo di diversi canali che non sono in competizione tra loro, ma che divengono indispensabili l’uno per l’altro. Dunque, anziché presentare vari punti di contatto tra cui scegliere per l’interazione col brand, questo metodo li usa in maniera complementare.

Si tratta di guidare il consumatore in un customer journey che spazia tra più canali. Tutto prima di giungere all’acquisto vero e proprio.

Possedere diversi punti di contatto ha l’obiettivo di potenziare l’esperienza d’acquisto e il conseguente contatto col brand.

È bene fare una distinzione con la cosiddetta omnicanalità, definita come “esperienze dei clienti di alta qualità senza soluzione di continuità e senza sforzo che si verificano all’interno e tra i canali di contatto”, la crosscanalità non prevede l’utilizzo in contemporanea di diversi canali. Si pone, infatti, enfasi sulla possibilità di iniziare il percorso d’acquisto o la conversione di un canale.

Come sviluppare una strategia crosschannel

Per poter attuare una strategia di marketing crosscanale è necessario considerare alcuni dei fenomeni più comuni, come lo showrooming e il webrooming. Lo showrooming è la pratica di esaminare la merce in un tradizionale negozio al dettaglio in mattoni o in un altro ambiente offline e di acquistarla online, a volte a un prezzo inferiore. Il webrooming, invece, è un comportamento d’acquisto in base al quale un consumatore usa la Rete per cercare informazioni sui prodotti ai quali è interessato, mettere a confronto dei prezzi e leggere delle recensioni a riguardo, recandosi poi in negozio per effettuare l’acquisto.

Per tale ragione appare importante raccogliere dati sui percorsi dei consumatori lungo tutto il processo di acquisto. Queste informazioni, con i relativi canali utilizzati, danno importanti dati sui percorsi di conversione degli utenti. Ciò conduce verso il modello di conversione più utile ed efficace da poter utilizzare.

È possibile affermare, dunque, che questa tipologia di analisi permette alle aziende di individuare le combinazioni di canali che comportano maggiore ritorno dell’investimento.

Appare, successivamente indispensabile, intercettare i consumatori nei differenti punti di contatto, al fine di proporre un messaggio personalizzato in base ai diversi segmenti.

Infine, è bene sottolineare che mentre i canali online sono fondamentali in qualsiasi strategia di marketing, trovare il giusto mix e la giusta integrazione tra canali online e offline può fare tutta la differenza in una strategia di crosscanalità. Questa deve mirare a trarre il massimo beneficio dalle specificità dei differenti canali che vengono integrati.

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